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7 Dicembre 2014
PIANO PAESAGGIO: COLDIRETTI, ORA CI SIAMO!

 E' anche grazie al fondamentale lavoro di Coldiretti che la Regione ha ridisegnato il tanto discusso Piano Paesaggistico. Lo ha fatto “aggiustando” alcuni punti qualificanti del testo, che inizialmente avevano suscitato le proteste delle organizzazione agricole così come degli enti locali. Le osservazioni proposte da Coldiretti sono riuscite a valorizzare il ruolo dell’agricoltura, come strumento di difesa dell’ambiente e del paesaggio, prima poco chiaro e confuso. 
Con la rielaborazione della nuova versione del Pit sono stati meglio definiti i caratteri, le finalità ed i limiti delle diverse disposizioni contenute nel documento, fornendo indicazioni più puntuali, scongiurando facili liberi interpretazioni, agli enti di pianificazione. Ma veniamo alle aree rurali. Qui viene specificato il ruolo strategico del mondo rurale come componente primario del paesaggio ed argine fondamentale contro i fenomeni di abbandono e consumo dei suoli. Un punto di riferimento imprescindibile, per chi intende “difendere” il paesaggio, per la tutela del territorio e garantirne uno sviluppo sostenibile. Il mondo agricolo ha richiesto – e ottenuto - che non ci siano interferenze nelle scelte colturali delle imprese agricole da parte degli strumenti di pianificazione territoriale e paesaggistica, tranne nei casi specifici previsti dall’articolo 149 del Codice del paesaggio). E' stato questo il frutto di una positiva concertazione tra la Regione e le associazioni di categoria, per cercare di rispettare la natura dei luoghi e l'opera di coltivatori e allevatori. Per Coldiretti, la Regione ha avuto il merito di aver intrapreso un imponente e articolato lavoro di riordino normativo, percorso difficile e delicato che comunque la pone all’avanguardia nelle politiche di difesa del territorio da un degrado le cui conseguenze sono sotto gli occhi di tutti, cercando di coniugare concetti opposti eppure ugualmente importanti,come tutela e sviluppo, regole certe e semplificazione, salvaguardia delle valenze paesaggistiche e valorizzazione delle risorse economiche. Infatti, stando agli ultimi dati Ispra, il cemento si è divorato 30mila ettari di territorio toscano ad una velocità di quasi 2mila ettari all’anno negli ultimi 16 anni, contribuendo alla perdita di aree aperte naturali ed agricole che per caratteristiche assorbono l’acqua in eccesso. L’effetto congiunto del consumo di suolo e dei cambiamenti climatici è alla base dell’escalation di emergenze che stanno caratterizzando gli ultimi anni in una regione dove il 98% dei Comuni è considerato a rischio idrogeologico e dove gli eventi calamitosi sono purtroppo diventati una triste ricorrenza. Un'occasione, quella del Pit, dunque, nell'ambito della quale si è concentrati anche su quest'aspetto, facendo considerare come prioritaria la tutela del territorio. Considerando gli anni Cinquanta sono addirittura quasi il doppio, circa 55mila, gli ettari di suolo consumati dall’espansione inarrestabile delle aree urbane della Toscana. Il suolo verso è passato dal 2,3% degli anni ’50 all’8,0% con un incremento di 5,7 punti percentuali. In questi 16 anni, tenendo presente che un suolo pienamente funzionante immagazzina acqua fino a 3.750 tonnellate per ettaro – circa 400 mm di precipitazioni – per via della conseguente impermeabilizzazione abbiamo perso una capacità di ritenzione di milioni di tonnellate d’acqua che, non potendo infiltrarsi nel terreno, deve essere gestita.

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