Gli ungulati si mangiano l’agricoltura e contribuiscono all’abbandono di terreni fertili, alla chiusura delle aziende agricole e alla perdita di posti di lavoro. La presenza fuori controllo di migliaia tra cinghiali, caprioli, daini in Toscana riduce la capacità degli agricoltori di produrre cibo allontanando l’obiettivo della sovranità alimentare, minaccia la biodiversità di campagne e boschi e rappresenta un pericolo per la sopravvivenza di molti dei prodotti del paniere Made in Tuscany e delle specialità agroalimentari in estinzione che sono spesso legate a frazioni e piccole comunità. A denunciarlo è Coldiretti Toscana in occasione dell’evento “Custodi della Biodiversità” promosso insieme ad AB-Agrivenatoria Biodiversitalia a Firenze e rivolto alle aziende faunistico venatorie. Oltre 300 quelle presenti in Toscana.
“La pandemia con l’impossibilità di cacciare per lunghi periodi e poi la siccità ed cambiamenti climatici hanno peggiorato una situazione già emergenziale spingendo i branchi sempre più verso i centri urbani a caccia di cibo e di acqua. – spiega Fabrizio Filippi, Presidente Coldiretti Toscana – In questo contesto la funzione delle aziende faunistiche diventa strategica per tutelare la biodiversità dei territori creando al tempo stesso opportunità di sviluppo e di reddito all’interno delle filiere e contribuendo a controllare l’espansione incontrollata della fauna selvatica che tanti danni genera all’ambiente e all’uomo. Senza dimenticare che è a rischio anche l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali in aree di pregio naturalistico con la perdita di biodiversità sia animale che vegetale”.
In dieci anni i danni alle coltivazioni denunciati dagli agricoltori hanno raggiunto i 20 milioni di euro (quasi 1,7 milioni nel solo 2021). L’80% sono imputabili ai cinghiali la cui popolazione, secondo una stima di Coldiretti Toscana, ha superato i 300 mila esemplari. Tante sono le coltivazioni danneggiate dai cinghiali tanto che Coldiretti Toscana ha stilato una vera e propria hit parade regionale presentata a margine dell’evento dei Custodi della Biodiversità. Ai primi posti c’è l’uva i campi di mais e cereali, sia nella fase di semina che maturazione, il favino e le erbe mediche utilizzate per l’allevamento del bestiame. Poi lenticchie e legumi, farro ed orzo, castagne ed ortaggi a pieno campo per finire con le piante del bosco e le coltivazioni di girasole.
Gli ungulati entrano nelle vigne per banchettare con l’uva dei viticoltori con cui fanno il vino, distruggono i campi di mais e di grani per la produzione di farina, devastano i terreni seminati a legumi, farro, girasole ed ortaggi coltivati per finire sulle tavole dei consumatori, grufolano nei prati dove gli allevatori producono il fieno per il bestiame e brucano le gemme di alberi e piante compromettendo la ricrescita del patrimonio boschivo. Ma sono una calamità anche per le fragili economie del bosco come quella dei castanicoltori costretti a contendersi con i cinghiali le castagne per la produzione delle pregiate farine utilizzate nella preparazione di molte ricette della cucina tipica tradizionale. Gli agricoltori coltivano, gli ungulati raccolgono. E così le aziende spariscono: una su tre negli ultimi dieci anni e con loro la presenza sul territorio, il presidio e la tutela del paesaggio e della biodiversità.
Oggi gli ungulati non rappresentano più solo una calamità per l’agricoltura ma un problema che tocca da vicino tutta la collettività. Gli episodi di esemplari di cinghiali nei parchi giochi o a spasso nei centri abitati è ormai all’ordine del giorno così come purtroppo gli incidenti stradali. Due i tristi primati della Toscana per quanto riguarda la sicurezza: il numeri di morti (3 nel 2021) e di incidenti stradali (20 nel 2021) secondo l’Asaps.
In Toscana, su sollecitazione della Federazione regionale, è stata modificata dalla Regione Toscana la legge 310/2016, per consentire agli agricoltori-cacciatori di intervenire direttamente contro gli ungulati per proteggere i raccolti, dopo averne segnalato la presenza nei propri fondi. Ora anche il Governo nazionale si muove. “ll risarcimento, che non ripaga mai del vero valore delle produzioni danneggiate e perse, non può continuare ad essere la soluzione. Quello che chiediamo – conclude il presidente di Coldiretti, Fabrizio Filippi - è un decreto legge urgentissimo per modificare l’articolo 19 della Legge 157 del 1992 che consenta di estendere i piani di controllo coordinati dalla Regioni ed arrivare così ad un contenimento drastico per contenere un fenomeno che non riguarda solo più e soltanto gli agricoltori ma tutta la collettività. Per riportare la densità della fauna a livelli sostenibili servono politiche di contenimento da attuare con ogni mezzo”.