16 Settembre 2021
G20: COLDIRETTI, DA PIATTELLA A HORSERADISH IL CIBO CHE SALVA LA TERRA
Dal fungo Cardoncello al Cece dal Solco Dritto, dal miele di Barena al Casoperuto, dal Conciato San Vittore al fagiolo Cosaruciaru di Scicli, dal vino Roccese alla Piattella pisana sono alcune delle specialità agroalimentari italiane che grazie a sistemi di coltivazioni e reti socio economiche salvano i territori dal degrado, dall’abbandono e dal consumo di suolo. E’ quando spiega la Coldiretti che in occasione del G20 ha portato in piazza Santa Croce a Firenze la prima esposizione dei prodotti tipici che salvano la terra dalla cementificazione e dalle speculazioni provenienti dal Belpaese ma anche dalle altre realtà, dall’horseradish, il bitter di rafano prodotto con radici locali importanti per il terreno degli Stati Uniti al Vino Tiday bay del Canada, il cui nome è stato ispirato dalla Baia di Fundy, sede delle più alte maree del mondo.
Tesori locali che in Italia sono tutelati dai Sigilli di Campagna Amica il cui valore va oltre la dimensione economica – evidenzia Coldiretti – ma rappresenta un modello di sostenibilità che tutela terra e popolazioni che ne conoscono pregi e segreti tramandati nei secoli da generazioni di agricoltori dalla Toscana al Lazio, dalle Marche al Veneto, dalla Campania al Friuli Venezia Giulia, dalla Sicilia alla Puglia. Un ruolo importante in tutto ciò è affidato ai piccoli borghi dove nasce il 92% delle produzioni tipiche nazionali secondo l’indagine Coldiretti/Symbola, una ricchezza conservata nel tempo dalle imprese agricole con un impegno quotidiano per assicurare la salvaguardia dei territori e delle colture storiche.
Sull’altopiano delle Murge, in Puglia cresce il Fungo Cardoncello che permette la protezione dei terreni poveri a misto prato dove trova il suo habitat ideale, mentre in Abruzzo – continua Coldiretti – si trova la lenticchia di Santo Stefano di Sessanio Minuscolo legume che cresce solo sul versante aquilano del Gran Sasso, oltre i mille metri di quota. La sua presenza protegge il suolo e lo arricchisce di azoto e altri elementi. La coltivazione di lenticchie in questo territorio è antichissima, attestata in documenti monastici già dal 998 d.C. I terreni poveri di montagna sono l’habitat ideale per tali legumi, che non richiedono grandi concimazioni. Ne risulta una lenticchia piccola, saporita, di colore scuro, che per le sue dimensioni non richiede di essere messa in ammollo e cuoce rapidamente
Il cece dal Solco dritto del Lazio – spiega Coldiretti - deve il suo nome a una manifestazione della tradizione contadina del Paese di Valentano, celebrata ogni 14 agosto, che consiste nella tiratura di un lungo solco nei campi per propiziare il raccolto dell’anno successivo. La coltivazione viene effettuata su terreni vulcanici situati in ambiente collinare, con elevato contenuto di potassio e ridotto contenuto di calcio, che conferiscono al cece una particolare sapidità e un elevata digeribilità.
La tradizionale produzione di miele di Barena nella laguna di Venezia – sottolinea Coldiretti - è invece un argine all’assalto del turismo di massa e alla speculazione sui terreni, mentre nelle Marche la confettura di Rosa Canina nasce e resiste grazie agli arbusti che consolidano e proteggono il suolo e sono elementi fondamentali dell’ecosistema accogliendo specie selvatiche di piccoli animali.
In Toscana in provincia di Pisa la tradizionale coltivazione della Piattella pisana, una varietà tipica di fagiolo, crea una salutare vena di azoto nei terreni difendendoli dall’impoverimento, mentre in Campania il Casoperuto è un formaggio prodotti con erbe spontanee la cui raccolta consente di mantenere gli equilibri dell’ecosistema del suolo e ha la particolarità che la cagliata viene preparata con caglio vegetale ottenuto dai fiori del Cardo mariano.
In Sicilia la coltivazione del fagiolo Cosaruciaru di Scicli, fra Scicli e Modica, è da sempre in simbiosi con i suoli alluvionali della zona e fa parte di una tradizione antichissima di quei territori come la Radic di Mont una conserva della Carnia in Friuli Venezia Giulia prodotta con la cicerbita alpina una pianta spontanea con germogli filiformi che una volta raccolti sono preparati per la scottatura in olio, aceto, vino bianco, aromi, sale e zucchero da piccoli produttori il cui scopo è anche la difesa del suolo e dei territori dove cresce la pianta della loro tradizione gastronomica.
Mentre in Liguria – conclude la Coldiretti – i terrazzamenti e le coste che guardano il mare sono protette dal degrado e dal dilavamento causato dalle piogge torrenziali sempre più violente a causa del cambiamento climatico grazie alla coltivazione delle olive taggiasche e della vite da cui nasce il tipico vino roccese del ponente ligure.