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26 Marzo 2014
CRIMINALITA’: IN REGIONE 19% SEQUESTRI IN CAMPAGNA, AGRICOLTURA FA GOLA A MAFIA&COMPANY

I PIU’ CLAMOROSI A SUVIGNANO E TRESANTI 
 
Le mani della criminalità organizzata sulla campagna toscana. Il Made in Tuscany fa gola anche a mafia, camorra, ndrangheta e altre associazioni a delinquere sempre più “interessate” ad investire in quei settori dell’economia strategici ed emergenti che garantiscono insieme a profitti diretti (e certi) la copertura per riciclare denaro sporco derivante da attività illecite. L’agricoltura è a tutti gli effetti uno di questi settori che ha dalla sua la forza di un’immagine pulita, genuina e vincente. Il 19% dei beni sequestrati in Toscana ha interessato terreni e fabbricati rurali “strappati” dalla mani della criminalità organizzata dallo sforzo congiunto ed efficace delle forze dell’ordine. A dirlo è Coldiretti Toscana (info su www.toscana.coldiretti.it) in base all’analisi dei dati dell’Agenzia Nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei Beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata in occasione della presentazione della nascita dell’”Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare” la nuova Fondazione voluta e costituita da Coldiretti per diffondere la conoscenza e la consapevolezza del patrimonio agroalimentare italiano, con l’obiettivo di creare un sistema coordinato e capillare di controlli idonei a smascherare i comportamenti che si pongono in contrasto con la legalità. Il Comitato Scientifico è guidato dall’ex procuratore anti-mafia Giancarlo Caselli.
 
Su un totale di 69 sequestri tra immobili, terreni, box, garage (57 immobili e 12 aziende), ben 13 hanno riguardato proprietà o attività agricole presenti in 6 comuni toscani. 9 sono stati i sequestri a Pistoia, di cui 8 a Larciano ed 1 a Massa e Cozzile; 2 a Lucca di cui 1 a Forte dei Marmi e Altopascio, 1 a Licciana Nardi in Lunigiana e 1 aChianciano Terme. Tra le confische più celebri e clamorose della storia nella nostra regione la Tenuta di Suvignano, nel senese, confiscata nel lontano 1994, la più grande mai confiscata alla mafia con un’estensione di 700 ettari ed una valutazione intorno ai 22miioni di euro e l’azienda agricola “Tresanti” di Montespertoli appartenuta ai Madonia. Il 69% dei sequestri nelle campagne è localizzato nella Provincia di Pistoia che insieme a Firenze e Massa Carrara collezionano il 60% totale delle confische totali tra fabbricati, terreni, immobili, garage, box ed altre tipologie. Una malattia da debellare, quello delle “infiltrazioni criminali” nel tessuto economico della Toscana che ha proporzioni ben diverse, per numero e frequenza, da quello vissuto in regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia dove sono concentrati l’80% dei beni confiscati definitivamente che “non ci devono far abbassare assolutamente la guardia – spiega Tulio Marcelli, Presidente Coldiretti Toscana – su un fenomeno che la crisi economica, la disoccupazione e la disperazione delle persone rende più forte ed accentua. L’agricoltura e l’agroalimentare rappresentano uno dei settori che assicura maggiori utili diretti ed indiretti permettendo al contempo di affermarsi sul territorio e poi di controllarlo”. A fianco di un Made in  Italy imitato, copiato e “spacciato” per toscano per mezzo di etichette, “slang” e messaggi ingannevoli, c’è un Made in Italy agroalimentare, altrettanto odioso, nocivo per l’immagine e le imprese, venduto in Italia e nel mondo che richiamano nomi, episodi, personaggi e forme di criminalità organizzate. Dal caffè “Mafiozzo” stile italiano ai sigari “Al Capone”, dalla pasta “Mafia” agli snack “Chilli Mafia”, dall’amaro “Il Padrino” al limoncello “Don Corleone”, dal sugo piccante rosso sangue “Wicked Cosa Nostra” alle spezie “Palermo Mafia shooting”, ma a Bruxelles nella Capitale d’Europa si intingono addirittura le patatine nella “SauceMaffia e si condisce la pasta con la “SauceMaffioso”  mentre in tutto il mondo spopolano i ristoranti e le pizzerie “Cosa Nostra” e “Mafia” e su internet è possibile acquistare il libro di ricette “The mafia cookbook”, comprare caramelle sul portale www.candymafia.com o ricevere i consigli di mamamafiosa (www.mamamafiosa.com) con sottofondo musicale a tema. Uno schiaffo all’immagine del Bel Paese, degli onesti produttori e di chi ne ha subito gli effetti: “in un momento difficile per l’economia dobbiamo portare sul mercato - continua Marcelli - il valore aggiunto della trasparenza e dare completa attuazione alle leggi nazionale e comunitaria che prevedono l’obbligo di indicare in etichetta l’origine degli alimenti. Ma è necessario che sia anche resa trasparente l’indicazione dei flussi commerciali con l’indicazione delle aziende che importano materie prime dall’estero e venga bloccato ogni finanziamento pubblico alle aziende che non valorizzano il vero Made in Italy dal campo alla tavola”. Con l’Osservatorio si intende creare - sottolinea Coldiretti -  un complesso di controlli che assicuri la più completa informativa ai consumatori, contrastando le contraffazioni e le adulterazioni alimentari. In tale prospettiva, la Fondazione intende promuovere iniziative di approfondimento in merito agli interventi e agli effetti delle pronunce di tutte le Autorità amministrative indipendenti che possano interferire nel mercato dell’agroalimentare, analizzando e approfondendo, in particolare, le attività dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni. “Saremo in prima fila anche in questa battaglia per il futuro; – conclude Marcelli”.
 
DISOCCUPATI: COLDIRETTI/IXE’, 6 SU 10 PRONTI A LAVORARE PER CRIMINALITA’ ORGANIZZATA
Sei disoccupati su dieci (60%) sono disposti ad accettare un posto di lavoro in un’attività dove la criminalità organizzata ha investito per riciclare il denaro. E’ quanto emerge dall’indagine Coldiretti/Ixe’ presentata in occasione della nascita in Italia della Fondazione ’“Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare”, promossa dalla Coldiretti con la presidenza del Comitato Scientifico del procuratore Giancarlo Caselli (info su www.toscana.coldiretti.it). La criminalità organizzata trova, infatti, terreno fertile nel tessuto sociale ed economico indebolito dalla crisi come dimostra il fatto che mafia, camorra, ‘ndrangheta e company possono contare su un esercito potenziale di quasi 2 milioni di persone che, spinti nella marginalità economica e sociale, si dicono disponibili a lavorare per loro e tra queste - sottolinea Coldiretti - ben 230mila persone non avrebbero problemi a commettere consapevolmente azioni illegali pur di avere una occupazione. 
L’allentamento della tensione morale nei confronti della malavita provocato dalla crisi tocca lavita di tutti i giorni come conferma il fatto che – continua Coldiretti -  quasi un italiano su cinque (18%) non avrebbe problemi a recarsi in un pizzeria, ristorante, bar o supermercato gestito o legato alla criminalità organizzata purché’ i prezzi siano convenienti (9%), i prodotti siano buoni di ottima qualità (5%) o addirittura se il posto sia comodo e vicino a casa (4%). D’altra parte, la stragrande maggioranza del 67% degli italiani è d’accordo sul fatto che - continua Coldiretti - in certe zone d'Italia dove c’è molta disoccupazione e povertà, la criminalità organizzata ha saputo creare opportunità di lavoro. E il problema - continua la Coldiretti - non è confinato nel Sud tanto che l’83% degli italiani ritiene ormai che la criminalità organizzata sia diffusa su tutto il territorio, rispetto ad una minoranza del 13% che la localizza nel Mezzogiorno. A preoccupare anche l’impatto negativo della crisi sulla solidarietà, con un crescente numero di persone che non riesce più a permettersela come dimostra il fatto che - conclude Coldiretti - la maggioranza del 58% degli italiani che non sarebbe disposto a pagare il 20% in più per un prodotto alimentare ottenuto da terre o aziende confiscate alla mafia.

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