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11 Novembre 2008
EMERGENZA SELVATICI: NEI BOSCHI FAR-WEST, L’EQUILIBRIO ECOLOGICO E’ A RISCHIO

Funghi, tartufi e castagne diventano merce sempre più rara e preziosa. Boschi, dove i cicli di ricrescita sono spesso azzerati, rischiano di non essere più il fiore all’occhiello del paesaggio toscano. Il sottobosco è già raso al suolo. E, in montagna, i prati permanenti, i piccoli fossi e i muretti a secco, che sono i migliori esempi  della tradizione rurale della regione, sono esposti al pericolo “sopravvivenza”. Boschi “far-west”, resi poco sicuri dalle battute di caccia, che si moltiplicano senza centrare l’obiettivo del controllo, e dove gli ecosistemi e la biodiversità vengono travolti e distrutti dall’invasione degli ungulati. Questa non è, come si potrebbe immaginare,  la sequenza di una ipotetica quando devastante Apocalypse Now toscana, ma la fotografia, purtroppo realistica, della distruzione provocata dalla continua e incontrollata esplosione di selvatici:  un problema che, da sempre, colpisce l’agricoltura, ma che, adesso, tocca da vicino anche le persone e l’ambiente.  “La situazione è davvero drammatica – denuncia Coldiretti Toscana – e non solo per i danni causati ai raccolti e agli allevamenti. Siamo ormai di fronte a un autentico problema sociale. Il nostro settore è indubbiamente quello che, da anni, paga il  prezzo  più caro per la mancanza di una politica capace di riportare le popolazioni di cinghiali, caprioli, cervi e daini, a una densità sostenibile dal territorio. Anche i risarcimenti sono poca cosa, ormai, rispetto alle perdite subite. Tanto che in alcune aree gli agricoltori hanno addirittura smesso di seminare, perché le loro coltivazioni servono solo a sfamare i selvatici e non riescono ad approdare sul mercato.  Visto che ai problemi agricoli, si aggiungono altre questioni allarmanti che mettono a rischio il delicato equilibrio ambientale e la stessa sicurezza dei cittadini, è chiaro che siamo di fronte a un’autentica emergenza, da fronteggiare con strumenti eccezionali per riportare la situazione alla normalità e per uniformare, a livello regionale, i sistemi di stima e controllo. Occorre insomma una legge speciale. D’altronde, lo abbiamo visto, ogni tentativo di gestire il problema attraverso la regolamentazione del prelievo venatorio è stato un fallimento. Anche perché gli animali si spostano,  si rifugiano e prolificano soprattutto nei parchi e nelle zone protette, gestiti da soggetti pubblici. In queste aree non può intervenire chi ha competenza sulle zone cacciabili (divise in Toscana in 19 Ambiti territoriali di caccia - Atc), i cui sforzi, finora, si sono rivelati inutili. E’ chiaro che dall’empasse si esce solo se la politica vorrà assumersi le responsabilità che le competono. E noi ci auguriamo che questo accada prima che scoppino anche problemi sanitari, di cui già si profila il rischio”, conclude Coldiretti. Intanto per sollecitare il governo toscano ad adottare provvedimenti immediati e decisivi, la maggiore organizzazione agricola ha deciso di non partecipare ai lavori dei comitati di gestione degli Atc, che, senza strumenti adeguati, rischiano di assistere, impotenti, allo stravolgimento degli equilibri faunistici ed all’impoverimento della biodiversità in Toscana. L’iniziativa fa parte di una serie di azioni messe in campo dalla più importante organizzazione agricola per richiamare l’attenzione delle istituzioni regionali sul settore: una mobilitazione che prosegue dal 1 ottobre e che culminerà il 27 novembre, con una grande e partecipata manifestazione di piazza.

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