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1 Aprile 2019
INTERVISTA A MARCO BOTTINO PRESIDENTE ANBI TOSCANA

Dal 2 al 6 aprile 2019 in Toscana si vota per il rinnovo dei consigli dei Consorzi di Bonifica
Sono passati cinque anni dalla nuova governance dei Consorzi di Bonifica. Presidente Bottino, qual è il suo bilancio? Che cosa è stato fatto e cosa invece può essere migliorato?
«In questi cinque anni siamo riusciti a ottenere l’ammodernamento e l’efficientamento dei Consorzi, e a far sì che si radicassero sul territorio. Oggi abbiamo enti più grandi, efficaci ed efficienti e dotati di maggiori risorse. Quindi, senza dubbio, il bilancio di questi cinque anni è positivo. Ed è un risultato che tutti i toscani possono percepire quando passano lungo i fiumi. Ovviamente si può e si deve migliorare. Ad esempio incrementando la sinergia fra i Consorzi stessi e rendendo più omogenea la loro azione in tutta la Toscana».
Una parte di cittadini mantiene ancora una certa distanza e diffidenza nei confronti dei Consorzi di Bonifica. Cosa sta facendo ANBI Toscana in questo senso?
«Ci siamo posti l’obbiettivo di potenziare tutto quello che può avvicinare il cittadino e il consorziato al Consorzio di Bonifica. Ogni giorno facciamo informazione, attraverso i social e con strumenti più tradizionali, per comunicare i lavori, le scadenze e, in queste settimane, le elezioni. Tra le numerose iniziative pubbliche che abbiamo promosso, c’è l’adesione alla App Cittadino Informato che consente ai cittadini di mettersi in rete con i Consorzi. Ma sono stati tanti anche gli incontri e i dibattiti che abbiamo organizzato o a cui abbiamo partecipato, ma sicuramente il modo migliore è fare bene i lavori».
Avete lavorato molto, in questi anni, per la messa in sicurezza del territorio toscano: quali sono gli interventi più rilevanti?
«In primo luogo quelli nelle zone montane. Attraverso il Psr è stato possibile intervenire, spesso per la prima volta, in questi territori dove abbiamo potuto mettere in sicurezza vaste aree, limitando l’afflusso dell’acqua a valle. Attraverso i finanziamenti regionali invece, si è potuto lavorare su grandi fiumi migliorando notevolmente la sicurezza di alcuni corsi d’acqua. Proprio grazie a queste operazioni, ad esempio, l’Arno, il Serchio, l’Ombrone Grossetano e l’Ombrone Pistoiese hanno oggi una maggiore manutenzione. Inoltre è aumentata la cura del reticolo minore che spesso si rivela un nemico subdolo per i territori e per le comunità».
La Regione Toscana ha attribuito ai Consorzi nuove funzioni: cosa significa e che impegno richiedono?
«Significa che oggi siamo gli unici enti operativi ad agire sui fiumi. Rispetto al passato, il reticolo idraulico affidato ai Consorzi è stato maggiorato e ampliato del 30%. Questo si è tradotto, fra le altre cose, nella presa in carico delle aree montane, difficili da raggiungere e mantenere, ma essenziali per la sicurezza dei territori, inclusi quelli a valle. Inoltre abbiamo iniziato a gestire tutta la manutenzione in avvalimento nei tratti di competenza della Regione. Insomma, i Consorzi della Toscana, caso unico in Italia, sono diventati il referente unico della Regione per la manutenzione ordinaria».
Qual è la situazione della Toscana dal punto di vista idrogeologico?
«Nel corso degli anni abbiamo fatto enormi passi avanti, anche se non dobbiamo assolutamente fermarci o rallentare. La Toscana ha un territorio fragile: ci sono diverse zone alluvionali come la Piana fiorentina, quella pistoiese, la Versilia e la Maremma, oltre a un vastissimo territorio boscato. Ma la nostra regione è anche una delle regioni più resilienti d’Italia: il lavoro fatto in questi anni testimonia una grande capacità di reazione rispetto a una situazione di dissesto diffusa, soprattutto con situazioni di piccola e media gravità. Quindi molto è stato fatto ma tanto resta da fare».
Il tema irrigazione/siccità è stato spesso alla ribalta negli ultimi anni. Quali sono gli interventi necessari a garantire la risorsa irrigua alle aziende agricole toscane?
«In Toscana va migliorato l’attuale sistema irriguo che copre solo il 9% della superficie agricola utile: un dato che porta la nostra regione in fondo alla classifica in materia di irrigazione. Questa carenza ha cause storiche, come la presenza di coltivazioni come la vite e l’ulivo per le quali non c’era bisogno d’irrigazione. Oggi però occorre invertire questa tendenza sia per l’aumento, non solo in estate, dei periodi siccitosi sia per il fatto che le colture tradizionali, incluse quelle di vite e ulivo, necessitano sempre più di irrigazione di soccorso a causa dei cambiamenti climatici. Quella per lo sviluppo dell’irrigazione è una battaglia da combattere insieme alle istituzioni e agli agricoltori non solo a favore dell’agricoltura ma anche per limitare i fenomeni di subsidenza, spesso causati dalla realizzazione senza regole dei pozzi e dall’attuale attingimento da pozzi artesiani».
Cosa è possibile fare, invece, per rendere le aziende agricole ancora più centrali nella manutenzione del territorio e garantire loro un reddito adeguato?
«La partnership con gli agricoltori, che sono anche profondi conoscitori del territorio, è un elemento fondamentale. Infatti sono oltre 500 le aziende agricole delle quali si avvalgono i Consorzi per la manutenzione del territorio, attraverso protocolli d’intesa singoli e a livello regionale che danno alle aziende agricole la possibilità di partecipare ai bandi per la manutenzione. Allo stesso tempo il mondo agricolo deve fare un diffuso salto di qualità e organizzarsi in Ati (Associazioni temporanee d’impresa) che consentano alle aziende di effettuare investimenti per la modernizzazione delle macchine, necessari per le manutenzioni, e ai Consorzi di avere al loro fianco partner sempre più affidabili»

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