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7 Aprile 2009
QUOTE LATTE: il lavoro serio paga, la demagogia no

di Sergio Marini
Questa settimana il decreto latte diventa legge e ciò, nonostante i tanti che, in questi giorni, hanno apertamente lavorato per farlo saltare.
Come abbiamo sempre, e in ogni sede, sostenuto, questa era una vicenda da chiudere e così è stato.
La questione si è chiusa e si è chiusa bene perché il testo approvato è lo stesso, identico e per intero, uscito e votato settimane fa dal Senato, ovvero, quello sul quale Coldiretti ha meticolosamente lavorato nelle competenti commissioni per migliorarlo e renderlo accettabile.
Chi è informato sa bene, fin troppo bene, che, ad esclusione degli emendamenti da noi sostenuti e di qualche sistemazione tecnica voluta dalle commissioni, nessun altro contributo o proposta esterna ha trovato accoglimento. A cominciare da quelle maldestramente sostenute dalle piazze. Basta, peraltro, ripercorrere gli eventi a ritroso, con documenti e date alla mano, per dimostrare con facilità come sono andate le cose.
Nel testo sono comprese tutte le richieste che avevamo posto come obbiettivo minimo nella mediazione politica. Sono, dunque, comprese le risorse per finanziare sia il fondo da destinare a chi si è indebitato per acquistare quote, sia la proroga della fiscalizzazione degli oneri sociali per le zone montane e svantaggiate.
Il finanziamento del fondo di solidarietà nazionale troverà spazio, invece, in un disegno di legge bipartisan già in discussione e la cui copertura era stata già trovata alla Camera.
Certo, potevamo anche fare prima e meglio, se solo avesse prevalso in tutti quel senso di responsabilità a cui sempre abbiamo fatto appello e che è volutamente mancato, invece, in chi ha preferito rigurgitare montagne di demagogia, prestandosi a strumentalizzazioni di ogni tipo che hanno causato, tra l’altro, il ricorso alla fiducia e, dunque, il rinvio del finanziamento del fondo di solidarietà nazionale.
E’ apparso, infatti, chiaro che, al di la dei contenuti, l’obbiettivo di molti fosse solo quello di confondere le acque e mandare tutto all’aria per poi dover ricominciare; insomma, inaugurare una nuova stagione in cui per anni si sarebbe dovuto discutere di quote, solo di quote, come se veramente fossero le quote il primo problema degli allevatori.
Dico questo perché non deve sfuggire a nessuno che la vicenda quote latte è stata utilizzata come un formidabile pretesto per alzare una cortina fumogena che distraesse l’attenzione dalla vera emergenza che intanto stava drammaticamente maturando nelle nostre stalle, ovvero il crollo del  prezzo del latte.
Purtroppo, benché abbiamo denunciato e contrastato in ogni modo il gioco di sponda che si stava consumando, lo sconsiderato disegno di alcuni capi popolo ha prodotto in pochi mesi tanti e tali danni alla zootecnia da latte italiana che oggi faremo fatica, e non poca, per recuperare il tempo perduto.
Resta un’amarezza di fondo nella constatazione di quanto, in tutta questa vicenda, sia stato possibile, da parte di alcune autorevoli rappresentanze di interessi, strumentalizzare una parte di allevatori che, seppur minoritaria, meritava un rispetto e una considerazione diversi.
Questo, purtroppo, è stato un segnale di grande debolezza, di crollo di autorevolezza e credibilità che pagheremo tutti sulla nostra pelle quando ci troveremo a dover fare le battaglie vere, quelle che hanno valenza strategica e che veramente possono cambiare i destini delle nostre imprese.
Sarà in queste occasioni, infatti, che molti  si ricorderanno di rappresentanze agricole insieme in piazza per giorni e che, a legge fatta, hanno drammaticamente mostrato che tipo di collante le teneva insieme.
Alla fine dei giochi, abbiamo visto infatti di tutto: chi ha urlato vittoria salvo poi ripensarci e ritrattare anche lo stesso ripensamento; chi invece ha gridato allo scandalo. Vi è stato, poi, chi ha cercato un improbabile collegamento tra quello che ha predicato per mesi e il risultato raggiunto; chi ha preferito cambiare da subito argomento parlando d’altro nei giornali; e chi , forse più serio, ha taciuto e basta.
Insomma una  macedonia di coerenza di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Un posto d’onore lo merita anche la migliore politica che trovando un palcoscenico da cavalcare non si è fatta attendere, e lo ha fatto bene.
Alla fine, abbiamo registrato tante  alleanze il giorno prima, quante sono state le nuove divisioni il giorno seguente; insomma, nulla di nuovo se non che, nell’indifferenza dei più, il prezzo del latte intanto continuava drammaticamente a scendere
La cosa peggiore è che, in questo groviglio di interessi diversi, mi è sembrato si sia approfittato della generosità degli allevatori.
Quegli allevatori presenti in presidi e manifestazioni i quali, chiamati a combattere la madre di tutte le battaglie, tornati a casa avranno fatto il loro bilancio: il prezzo del latte dimezzato, un decreto che non fa avverare nessuna delle demagogiche promesse fatte nelle piazze, anzi un decreto i cui punti positivi sono frutto del  lavoro di chi in piazza non vi era.
Qualche capo popolo ha pensato di cavarsela facendo riferimento ad una non meglio precisata “vittoria politica”. Ma allora, dico io, dovevano dircelo subito perché la questione diventa raffinata,  per veri intenditori. E pensare che taluni si erano addirittura messi in testa che lì si manifestasse davvero per il latte e per gli interessi degli agricoltori! Vacci a capire qualcosa!
Per fortuna che gli allevatori sanno informarsi, valutare e giudicare, e si sono resi perfettamente conto che, nello spettacolo messo in piedi, hanno visto trasformati i loro problemi in palcoscenico a servizio di altri, e questa, a conti fatti, è l’unica verità che rimane.
Quella che abbiamo visto in queste settimane è stata una brutta storia che non va bene e non ci piace! Non va bene mai, e poco conta, fatemelo dire, se gli allevatori di cui stiamo parlando non sono soci di Coldiretti.

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