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13 Ottobre 2022
LAVORO: COLDIRETTI E CAMPAGNA AMICA, PRIMATI AGRICOLTURA MADE IN TUSCANY DIPENDONO DA MANODOPERA STRANIERA

Quasi un’azienda agricola su due (41%) si trova o si è trovata in carenza di manodopera mentre il 53% fa ricorso ai lavoratori stranieri soprattutto nel periodo primaverile ed estivo, con contratti stagionali principalmente per il lavoro nei campi, per la gestione dell’allevamento e la pulizia degli stabili (manutenzioni). La ragione di una crescente richiesta di manodopera straniera è da ricercare nella maggiore disponibilità̀ e flessibilità̀ rispetto agli italiani a lavorare all’aperto e nei giorni festivi e weekend garantendo in questo modo risposte puntuali ai fabbisogni aziendali. Il ruolo dei lavoratori stranieri, 24 mila quelli in regione, il 42% del totale, è diventato sempre di più indispensabile per la crescita del settore primario e per la produzione di molte delle eccellenze del nostro Made in Tuscany tanto che interi comparti, come quello della raccolta della frutta, dipendendo da loro. Ma burocrazia, normative poco chiare e la lingua sono scogli che spesso non aiutano il percorso di legalità e di integrazione.

Sono alcuni dei risultati dell’indagine conoscitiva “Gli immigrati e l’agricoltura nella Regione Toscana” realizzata da Coldiretti e Fondazione Campagna Amica che si pone come finalità quello di analizzare i fabbisogni aziendali allo scopo di facilitare l’incontro tra domanda e offerta di lavoratori stranieri in Toscana. L’indagine rientra tra le attività del progetto Fami Demetra finanziato nell’ambito dell’Obiettivo specifico 2.Integrazione / Migrazione legale, Interventi di integrazione socio-lavorativa per prevenire e contrastare il caporalato – gestito dal Ministero del Lavoro su delega del Ministero dell’Interno.

Dallo studio emerge che le aziende con necessità di reperimento di manodopera hanno usufruito di lavoratori stranieri nel 58% dei casi. – si legge nell’indagine di Coldiretti e Fondazione Campagna Amica -  Per quel che concerne la vita aziendale in particolare sembra che la predisposizione ad accogliere i lavoratori stranieri sia maggiore nelle aziende con un numero più̀ elevato di anni di attività̀ (85% di imprese con stranieri con più̀ di 11 anni di attività̀ contro il 75% del totale del campione). Probabilmente in questi casi la presenza di stranieri è più̀ strutturata e le procedure di impiego maggiormente collaudate. Le aziende di grandi dimensioni sono quelle che hanno fatto o fanno ricorso di manodopera straniera con il 50% di imprese con stranieri sopra i 21 ettari. Il 15% delle imprese che impiegano stranieri sono condotte da imprenditori giovani (sotto i 41 anni), di cui il 10% uomini e il restante 5% donne.

La durata del rapporto di lavoro per le aziende che hanno fatto ricorso a manodopera non italiana è di almeno 6 mesi (fino ad un anno) nel 44% dei casi, tra 3 - 6 mesi nel 31%, tra 1 e 3 mesi nell’11%. Meno di un mese per l’8%. – proseguono Coldiretti e Fondazione Campagna Amica - Un dato spiegabile con la stagionalità̀ del lavoro agricolo salvo in quei casi neanche troppo minoritari in cui l’impresa è gestita insieme a immigrati presenti da tempo in Italia e fidelizzati presso le aziende che affidano ruoli della durata maggiore di 6 mesi. La forma contrattuale a tempo determinato è la più comune (66%).

Il numero di immigrati, negli ultimi 5 anni accolti e impiegati nelle aziende che hanno dichiarato di utilizzare tale manodopera, risulta essere di 1-2 lavoratori nel 44% dei casi, tra i 3 e 5 lavoratori nel 19% delle imprese, mentre il 4% di imprese ha ospitato tra i 6 e i 10 stranieri. Più di 10 lavoratori stranieri sono impiegati nell’11% delle imprese agricole. Nel 63% dei casi, quindi, si hanno numeri relativamente bassi nella presenza di stranieri lavoratori (meno di 5 unità) nelle imprese agricole; nel 52% dei casi hanno svolto mansioni da bracciante/operaio stagionale, nel 27% anche servizi agricoli e nell’11% anche servizi agrituristici. – proseguono Coldiretti e Fondazione Campagna Amica - Positiva la valutazione degli imprenditori in termine di “performance” lavorativa: nel 7% delle risposte abbiamo una valutazione ottima/eccellente, per il 24% dei casi, buona, nel 25% dei casi discreta, nel 26% accettabile e solo nel 9% ritenuta scarsa.

L’indagine di Coldiretti e Fondazione Campagna Amica approfondisce anche il tema dell’istruzione. Gli stranieri hanno un livello di scolarizzazione mediamente basso: nel 33% delle risposte troviamo l’assenza di formazione e nel 45% dei casi individui che hanno compiuto degli “studi assimilabili alla scuola dell’obbligo italiana”. Solo nell’8% dei casi abbiamo una formazione superiore. Con riferimento alle attività̀ connesse nelle quali le imprese, attualmente ospitanti lavoratori stranieri, potrebbero impiegare immigrati, sul totale delle risposte pervenute, il 31% riguarda la manutenzione del verde, il 24% la trasformazione dei prodotti, il 22% i servizi agrituristici, l’11% la vendita diretta, il 7% l’agricoltura sociale ed infine il 6% le attività didattiche. Questo dato non riguarda “l’oggi” ma il potenziale interesse degli imprenditori agricoli verso alcune aree del lavoro aziendale. Cura del verde, agriturismo e trasformazione sono i principali settori di interesse sotto questo punto di vista.

Dalle risposte emerge come l’incontro tra domanda e offerta avvenga non attraverso amministrazioni, associazioni di categoria o i canali SPRAR, ma per lo più informali tramite passaparola, conoscenze dirette, scambi di informazioni tra imprenditori. Una dinamica che si manifesta anche nel supporto all’assunzione, laddove gli aspetti burocratici, non sempre semplici, si confermano essere elementi di criticità.

L’indagine mette infine sul tavolo anche proposte per superare le principali criticità partendo da una semplificazione burocratica che permetta di ottimizzare tempi e modaltà di impiego degli stranieri con particolare riferimento alle fasi preliminari (domanda di permesso di soggiorno) ma anche dalla piena attuazione della legge sull’agricoltura sociale, dalla valorizzazione della vendita diretta e dalla creazione di specifici marchi etici che esaltino il ruolo dei lavoratori stranieri nel processo produttivo. Proposte – concludono Coldiretti e Campagna Amica - che non possono prescindere da un percorso di formazione ed alfabetizzazione linguistica e digitale al fine di facilitare la comunicazione e l'integrazione nelle dinamiche aziendali e sociali in senso più generale nonchè favorire anche forme di autoimprenditoria e quindi la nascita di piccole imprese di servizi in agricoltura.

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